La Loggia degli Abati, la parte di Palazzo Ducale dove nel Medioevo a Genova si amministrava la giustizia, sarà teatro della mostra personale dedicata a Antonio Ligabue.
Dal 3 marzo al 1 luglio 2018 80 formidabili opere del pittore reggiano, anche se svizzero di nascita, saranno infatti qui esposte al grande pubblico. Quinta quanto mai pertinente perché, nonostante sia trascorso oltre mezzo secolo dalla sua scomparsa, giustizia e riconoscimento la sua figura e caratura di artista ancora merita di avere.
Troppo spesso si è limitato il perimetro di Ligabue all’ambito del pittore naif, folle e autodidatta, quando ormai la critica unanimemente lo inserisce nel pantheon dei grandi Espressionisti.
Dipinti, sculture, disegni, bozzetti e incisioni che raccontano un viaggio nella tragica poetica del pittore che si snoda per oltre un trentennio, dalla fine degli anni Venti al 1962.
L’iter stabilito dai curatori Sandro Parmigiani e Sergio Negri prevede due grandi filoni: quello ritrattistico e quello legato alle fantasiose ed allucinate riproduzioni di animali esotici e non.
Animali questi che l’artista non aveva mai potuto ammirare dal vivo ma solo immaginare attraverso i racconti e le descrizioni di Emilio Salgari che, proprio dal porto di Genova guarda caso, aveva tratto ispirazione per i suoi fantastici personaggi. E se la “Tigre della Malesia” “Il Corsaro Nero” e “Sandokan” avevano avuto la luce a Genova non può quindi mancare nella mostra la celeberrima “Tigre Reale” del pittore emiliano.

Tigre Reale Ligabue
Sempre a proposito di animali numerose sono le immagini che popolavano la visionaria mente dell’artista.
Dalla” Carrozzella con cavalli e paesaggio svizzero”, “Lotta di galli”, ad “Aquila con volpe”, alla” Vedova nera con volatile” fino alla “Crocifissione” forse l’opera matura in cui l’autore riassume, immedesimandosi nel Cristo, tutta la sua incommensurabile sofferenza interiore.
Molte di queste opere, concepite durante i dolorosi soggiorni, al limite della follia, presso l’ospedale psichiatrico di San Lazzaro, comunicano un profondo dolore consumato alla ricerca della libertà se non fisica, almeno mentale.
Con la scelta degli animali, domestici o esotici che siano, come soggetti dei suoi quadri Ligabue esprime la sua difficoltà a interagire con i suoi simili. Solo con le bestie, delle quali studiava il comportamento e si divertiva ad imitare i versi, si trovava a suo agio ottenendo risposte senza fare domande.
Protagonisti esuberanti della sua allucinata e visionaria fantasia trasportati in un mondo concreto rappresentato dai familiari paesaggi della campagna emiliana o da quelli rassicuranti della natia svizzera. In ogni caso massima espressione del Ligabue sognatore.
Le opere perdute da Aronne
Fra gli autoritratti come non citare poi “Autoritratto con berretto da motociclista del 1954-55”. A quadri come questo è legato un piccolo aneddoto personale. Mio nonno Aronne Delmonte era il concessionario della zona per la Moto Guzzi, la casa di motociclette per le quali Ligabue andava letteralmente pazzo.

Autoritratto con berretto da motociclista del 1954-55
Pazzo come era ritenuto dai suoi concittadini compreso mio nonno che, sapendo delle sue difficoltà economiche, per buon cuore, si prestava ad eseguire gli interventi di manutenzione della moto, a titolo gratuito. Il pittore viveva infatti solitario nel bosco in una baracca lungo il Po e non avendo il becco di un quattrino si trovava in difficoltà nel soddisfare la sua passione a due ruote. Per sdebitarsi quindi dei servizi ricevuti dal nonno gli portava in cambio delle tele dipinte. Ma con rispetto parlando Ligabue era un po’ “lo scemo del villaggio” e Aronne, per non offenderlo, accettava il presente facendo buon viso a cattiva sorte. Peccato che le opere dell’artista finissero subito dopo nel caminetto per riscaldare la stanza dell’officina.
Mio nonno anni dopo accompagnandomi bambino nel 1980 ad una sua mostra a Bordighera mi disse”…e pensare che lo scemo pensavo fosse lui… se avessi tenuto i suoi quadri ora saremmo ricchi sfondati”.
Il mio avo non era certo in grado di apprezzare ed intuire la potenzialità dell’artista, a quel tempo pressoché sconosciuto, erano davvero in pochi per non dire nessuno ad eccezione dello scultore Renato Marino Mazzacurati che, affascinato dalla sua arte, cercò sempre di assecondarne e favorirne la produzione.
Il personaggio del meccanico, ispirato alla figura di mio nonno Aronne, è stato anche ripreso nello sceneggiato televisivo del 1977 di Salvatore Nocita in cui il pittore è magistralmente interpretato da un eccezionale ed espressivo Flavio Bucci.
Gli autoritratti
Nei suoi autoritratti Ligabue diventa protagonista, prende il centro della scena ma non per eccesso di egocentrismo bensì per raccontare, con coraggio, l’angosciosa e sofferente transitoria condizione umana. Testimone di una desolante solitudine senza speranza di terrena felicità in attesa della Nera Consolatrice. I suoi volti esprimono dolore, fatica, sgomento e chiedono a gran voce attenzione, implora aiuto. Sembrano dirci “Sono qui” aiuto con un urlo silenzioso ma assordante.
Ligabue fluttua in un limbo misto fra lo “Spleen” dei poeti romantici e il nichilismo esistenziale sartriano delle “Mani Sporche”. Mani sporche si ma di pittura in un’esplosione, di colori vivaci, che di contro si ribellano al grigiore dell’esistenza, un trionfo un inno alla vita in risposta al “male di vivere” di montaliana memoria.
La mostra
Orari
da martedì a domenica, ore 10-19
Lunedì chiuso
La biglietteria chiude un’ora primaBiglietti
intero 11 €
ridotto 9 €
scuole 4 €
audioguida compresa
Prenotazioni scuole, e-mail: [email protected]Biglietto congiunto con la mostra fotografica su André Kertész: 15 €