A cura di: Roberto Trizio
L’assedio di Palmira è un’operazione militare condotta dall’imperatore Aureliano nel 272 dopo Cristo ai danni del regno di Palmira, guidato dalla regina Zenobia.
Una campagna che si era resa necessaria dopo la ribellione del regno contro l’impero romano e gli scontri militari degli anni precedenti durante i quali i legionari si erano scontrati direttamente con i cavalieri clibanarii palmireni.
Il contesto storico
Nel terzo secolo dopo Cristo, l’impero romano affrontava un periodo di crisi sociale, economica ed anche militare. Le province orientali erano minacciate dalla dinastia sasanide dell’impero dei Parti e in particolare dal loro sovrano Shapur I.
L’imperatore romano Valeriano lo aveva affrontato direttamente nella battaglia di Edessa subendo una clamorosa sconfitta e l’umiliazione di essere catturato ed utilizzato come sellino per montare a cavallo.
Della terribile umiliazione subìta da Valeriano esiste anche un bassorilievo ordinato dallo stesso Shapur, tuttora visibile nei rilievi a Istakhr (vicino Persepoli), sotto le tombe achemenidi a Naqsh-e Rustam, e di nuovo presso le rovine di Darabjird (Bishapur.

A tamponare la situazione intervenne Settimio Odenato, il Re del regno di Palmira, cittadino romano e alleato dell’impero, che aveva combattuto l’esercito dei Parti fino ad assediarne la capitale Ctesifonte.
Un intervento necessario per contenere le incursioni dell’esercito partico e salvare le province orientali dell’impero.
Purtroppo, lo stesso Odenato venne assassinato tramite avvelenamento dalla moglie Zenobia e dal figlio Vaballato: fu così che la regina d’Oriente riuscì a prendere il totale controllo del regno di Palmira e a scatenare una guerra di ribellione nei confronti dell’impero.
Il primo assedio di Palmira
Ad intervenire fu stavolta l’imperatore Aureliano, un validissimo generale dell’Illirico (odierna Croazia-Bosnia) che aveva preso in mano la situazione e aveva guidato una campagna militare contro la ribellione della regina Zenobia di Palmira.
L’esercito Romano era composto da legionari che provenivano da tutte le parti d’Europa e anche da unità speciali come gli equites dalmatae (della Dalmazia) o i cavalieri della Mauretania (odierno Marocco-Algeria) mentre l’esercito di Zenobia era composto prevalentemente dai clibanarii, cavalieri catafratti o corazzati, particolarmente difficili da sconfiggere.
Nelle battaglie di Immae ed Emesa (entrambe combattute nel 272 d.C) Aureliano affrontò direttamente Zenobia e riuscì a batterla con un sapiente utilizzo della fanteria e una migliore disposizione tattica.
Fu in questo modo che a Zenobia non rimase altro che asserragliarsi all’interno di Palmira, per un’ultima disperata resistenza.
L’assedio durò abbastanza a lungo: Palmira era una grande città che aveva fatto ricchezza con i commerci, favoriti anche dalla sua posizione strategica, e aveva il necessario per resistere.
A tal proposito, Zosimo, il principale storiografo del tempo, ci racconta un episodio significativo: durante l’assedio, un soldato del regno di Palmira scorse l’imperatore Aureliano dalle mura e cominciò ad insultarlo direttamente.
Le urla e gli scherni fecero infuriare uno dei comandanti romani che chiese il permesso ad Aureliano di avvicinarsi per fargliela pagare: coperto da alcuni uomini, il comandante si avvicinò alle mura e con il suo arco mirò esattamente all’uomo che avevo osato offendere il suo imperatore.
Colpendolo direttamente e facendolo cadere ai piedi del grande Aureliano, i palmireni ebbero grande impressione della determinazione dei romani.
Il tentativo di contatto con Shapur e la cattura di Zenobia
Nel frattempo l’assedio di Palmira proseguiva e la regina Zenobia si rendeva conto di non poter più resistere a lungo: per questo concepì come via d’uscita un piano audace.
Quello di contattare direttamente Shapur I, che aveva già dato dimostrazione di saper combattere e vincere i romani: per cercare di raggiungere il probabile alleato, Zenobia in persona si mise a cavallo di una cammella per cercare di superare, senza essere vista, l’assedio romano.
Ma le sentinelle di Aureliano individuarono abbastanza facilmente la regina, che fu raggiunta dalla cavalleria, fermata, arrestata e portata al cospetto dell’imperatore: la vita della Regina era ormai nelle mani dei romani.
Ma in quell’occasione Zenobia fu astuta e molto brava a scaricare le responsabilità sui suoi collaboratori e consiglieri.
In particolare, spiegò di essere stata raggirata dal suo generale Zàbdas e da Cassio Longino, retore e filosofo neoplatonico: Aureliano le credette e le salvò la vita, mettendo invece a morte quelli che si riteneva fossero i reali fautori della ribellione.
La città di Palmira, senza più la guida di Zenobia, scelse dopo qualche tempo di arrendersi e Aureliano si dimostrò sufficientemente pietoso con la popolazione. Sempre secondo Zosimo, Zenobia fu portata assieme ad Aureliano verso l’Europa e lì, forse per una febbre o per il digiuno o per la fatica, morì durante il tragitto.
Secondo altre fonti, riuscì invece a raggiungere le vie di Roma e sfilò in catene d’oro per celebrare il trionfo di Aureliano.
La nuova ribellione e il secondo assedio di Palmira
In realtà la questione con Palmira non si era ancora conclusa: gli abitanti della città, nonostante fossero ormai privi della loro guida, decisero di organizzare una seconda ribellione.
In particolare, gli abitanti cercarono di convincere il governatore della regione, Marcellino, a diventare il pretendente al trono di imperatore al posto di Aureliano.
Con questo pretesto, i palmireni si ribellarono ulteriormente e Aureliano dovrette tornare per la seconda volta sul posto.
L’esercito Romano schierato fuori dalla città, portò rapidamente gli abitanti ad una nuova resa incodizionata, ma questa volta Aureliano non fu clemente come nella prima occasione.
La città fu severamente attaccata, gli uomini uccisi, le donne violentate e Palmira fu spogliata di tutte le sue ricchezze. Aureliano concesse il permesso ai cittadini di ricostruire Palmira, che tuttavia dopo quella devastazione, non tornerà mai più allo splendore precedente.
Palmira rimase da quel momento in poi una piccola città di frontiera, non più crocevia di mercati e di affari. La zona si avviò ad un lento ed inesorabile declino e la sua storia rimase legata indissolubilmente al nome della regina Zenobia.
E alla sua sconfitta.