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Redazione
martedì, 07 Luglio 2015 / Pubblicato il Luoghi

Complesso di Santa Sofia, Benevento. Cosa vedere e perchè

Un eccellente esempio di opera architettonica appartenente alla Langobardia Minor, perfettamente conservato, il complesso di Santa Sofia a Benevento comprende non solo la chiesa omonima, ma anche il monastero, il campanile e la fontana. La bellezza del posto ha fatto sì che entrasse nel 2011 nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco.

Il Complesso di Santa Sofia, la storia

All’inizio c’era solo la chiesa. Siamo nel 762 quando Arechi II, duca di Benevento dal 758 al 774, fece costruire il luogo sacro. L’obiettivo del duca longobardo era quello di creare uno stile alto e ricercato attraverso la costruzione di monumenti illustri. Lo stesso nome della Chiesa riprende quello dell’omonima chiesa di Costantinopoli dedicata a Sofia, ovvero alla Sapienza.

La centralità del complesso crebbe qualche anno più tardi, dopo la sconfitta di re Desiderio da parte di Carlo Magno. Nel 774, infatti, i Longobardi, sconfitti, trovarono rifugio a Benevento e il luogo di Santa Sofia divenne tempio nazionale. Sempre al 774 risale la costruzione del monastero femminile voluto dallo stesso Arechi II.

L’ex monastero – Una tradizione importante

Il chiostro dell'ex monastero che fa parte del complesso di Santa Sofia a Benevento

Il chiostro dell’ex monastero che fa parte del complesso di Santa Sofia a Benevento

Il convento ritrovò la sua centralità a partire dal XII secolo quando l’abate Giovanni IV il Grammatico ne fece uno dei più importanti monasteri dell’Italia meridionale. Dopo il terremoto del 986, l’edificio fu ricostruito nel 1119 e modificato con l’aggiunta del campanile romanico e del protiro davanti all’ingresso. Fino al 1595 il monastero mantenne la sua importanza. Dopo quella data i benedettini lo abbandonarono.

Il chiostro, a pianta quadrangolare, presenta una struttura romanica arricchita dai richiami di gusto arabo. Quindici quadrifore e una sola trifora ornano lo spazio con al centro un capitello incavato che fa da pozzo. Quarantasette in tutto le aperture del chiostro, create dagli archi a sesto ribassato e arricchite da colonne di granito, calcare e alabastro. All’interno dell’abbazia le opere dei monaci detti il Maestro dei Mesi, il Maestro dei Draghi e il Maestro della cavalcata di Elefanti.

Già sotto Arechi II il monastero fu il luogo privilegiato di dispute dottrinali e ricerche. Lo Scriptorium divenne poi particolarmente famoso per la cosiddetta “scrittura beneventana”, derivata dai caratteri longobardi e usata in codici e documenti fino al XIII secolo.

L’ex monastero è ora sede Museo del Sannio, dove sono conservati reperti archeologici, armi, stampe, monete e una pinacoteca con quadri dal Cinquecento al Settecento.

La chiesa di Santa Sofia

Un particolare degli interni della chiesa di Santa Sofia a Benevento

Un particolare degli interni della chiesa di Santa Sofia a Benevento

Non così maestosa nelle dimensioni, la chiesa di Santa Sofia ha, però, una pianta centrale molto originale che presenta la forma di un esagono ai cui vertici sono poste sei colonne. L’esagono è inserito all’interno di un anello decagonale con otto pilastri di pietra calcarea bianca e due colonne ai fianchi dell’entrata. La chiesa ha una forma piuttosto irregolare presentandosi a tratti a forma circolare e a tratti a forma di stella. Anche le volte sono quadrangolari, romboidali, triangolari. Degne di nota sono le statue lignee di San Giovanni e l’Immacolata ad opera di Gennaro Cerasuolo.

I danni dopo il terremoto e la ricostruzione

La chiesa di Santa Sofia subì gravi danni dopo il terremoto del 1688. Fu in quest’occasione che l’opera architettonica venne ricostruita secondo il gusto barocco. I lavori di restauro, eseguiti dal 1705 e affidati all’ingegnere Carlo Buratti, trasformarono la pianta da stellare a circolare. Non solo. Furono costruite due cappelle laterali e fu cambiato l’aspetto dell’abside, della facciata, dei pilastri. In origine, gli affreschi degli artisti legati alla Scuola di miniatura beneventana, dipinti tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo, ricoprivano l’interno della chiesa. Con i lavori di restauro, all’indomani del terremoto, queste opere andarono distrutte. Adesso si possono ammirare soltanto alcuni frammenti fra cui “l’Annuncio a Zaccaria”, “Zaccaria muto”, “l’Annunciazione e la Visitazione alla Vergine”.

Nel 1957 un intervento di ristrutturazione ripristinò le absidi e l’originale pianta della chiesa longobarda e rimosse la cappella settecentesca. La facciata barocca è quasi del tutto inalterata.

Il Complesso di Santa Sofia, cosa vedere? Il campanile

Il campanile antistante la piazza che fa parte del complesso di Santa Sofia

Il campanile antistante la piazza che fa parte del complesso di Santa Sofia

Parte del complesso di Santa Sofia è anche il campanile antistante la piazza che, dopo il terremoto nel 1688 fu ricostruito in una posizione diversa dall’originale. Il primo campanile risale all’anno Mille quando fu edificato da Gregorio II, abate di Santa Sofia tra il 1038 ed il 1056. Completamente ricostruito nel 1703, il campanile ora sorge fra le mura che un tempo cingevano il convento e il giardino.

Ma le storie legate alla torre campanaria non finiscono qui. Più volte, infatti, si è rischiato di perderlo definitivamente. Nel 1915 fu ritenuto inutile ed fu sul punto di essere abbattuto definitivamente. Oggi sulle pareti del campanile trovano spazio gli stemmi delle dominazioni che hanno controllato la citta di Benevento.

Il Complesso di Santa Sofia, cosa vedere? La fontana

La fontana, infine, chiude il complesso monumentale di Santa Sofia. Di più recente realizzazione, la sua costruzione risale al 1806 quando il Talleyrand, principe di Benevento, si propose di restaurare i più importanti monumenti della città. L’ideazione della fontana si deve al governatore Louis de Beer che volle sgomberare l’area antistante la chiesa per ospitare l’opera. Fu l’architetto Nicola Colle De Vita a progettare la fontana costituita da una vasca circolare.

La fontana del complesso di Santa Sofia eretta nel 1806

La fontana del complesso di Santa Sofia eretta nel 1806

Al centro un obelisco e quattro leoni dalla cui bocca sgorga l’acqua. L’obelisco era sormontato da un globo con sopra l’aquila imperiale, emblema della Francia napoleonica. Di recente sono stati posti sui lati della fontana due oblò in vetro da cui era possibile vedere le rovine sottostanti. Oblò che sono stati rimossi l’anno scorso perché usurati.

Il riconoscimento da parte dell’Unesco

Il complesso monumentale di Santa Sofia fa parte del sito seriale “Longobardi in Italia: i luoghi del potere”, iscritto nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Il complesso è inserito nei sette luoghi di testimonianze architettoniche, pittoriche e scultoree dell’arte longobarda. La nomina dell’Unesco è avvenuta a giugno del 2011.

Il complesso di Santa Sofia sorge su una piazza di Benevento che in passato prendeva il nome dalle opere architettoniche che ospitava. Oggi la piazza è intitolata a Giacomo Matteotti e si affaccia su Corso Garibaldi.

Taggato in: benevento, complesso santa sofia, longobardi

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