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Redazione
martedì, 30 Ottobre 2018 / Pubblicato il News, Storia

I macchiaioli. Chi erano e cosa volevano

I Macchiaioli erano un gruppo di pittori italiani attivi in Toscana nella seconda metà del diciannovesimo secolo, che, rompendo con le antiquate convenzioni insegnate dalle accademie italiane d’arte, facevano molta della loro pittura all’aperto in ordine di catturare luce naturale, ombra e colore. Questa pratica mette in relazione i Macchiaioli con gli impressionisti francesi che vennero alla ribalta qualche anno dopo, sebbene i Macchiaioli perseguissero scopi alquanto diversi. Gli artisti più importanti di questo movimento furono Giuseppe Abbati, Cristiano Banti, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Adriano Cecioni, Vito D’Ancona, Serafino De Tivoli, Giovanni Fattori, Raffaello Sernesi, Silvestro Lega e Telemaco Signorini.

Il movimento ebbe origine da un piccolo gruppo di artisti, molti dei quali erano stati rivoluzionari nelle insurrezioni del 1848. Alla fine del 1850, gli artisti si incontravano regolarmente al Caffè Michelangiolo di Firenze per discutere di arte e politica. Questi giovani idealisti, insoddisfatti dall’arte delle accademie, condividevano il desiderio di rinvigorire l’arte italiana emulando l’audace struttura tonale che ammiravano in vecchi maestri come Rembrandt, Caravaggio e Tintoretto.

Trovarono anche ispirazione nei dipinti dei loro contemporanei francesi della scuola di Barbizon. Castiglioncello: il movimento artistico dei Macchiaioli aveva un focus nella “scuola di Castiglioncello” (Costa degli Etruschi). Credevano che le aree di luce e ombra, o “macchie” fossero i componenti principali di un’opera d’arte. La parola macchia era comunemente usata da artisti e critici italiani nel diciannovesimo secolo per descrivere la qualità scintillante di un disegno o di una pittura, a causa di un’esecuzione abbozzata e spontanea o per l’armoniosa ampiezza del suo effetto complessivo.

Giovanni Fattori

Giovanni Fattori – La battaglia di Magenta

Nei suoi primi anni il nuovo movimento fu ridicolizzato. Una recensione ostile pubblicata il 3 novembre 1862 sulla rivista Gazzetta del Popolo segna la prima apparizione in stampa del termine Macchiaioli.  Il termine portava molte connotazioni: sottintendeva beffardamente che le opere finite degli artisti non erano altro che schizzi, e richiamava la frase “darsi alla macchia”, intendendo, idiomaticamente, di nascondersi tra i cespugli o la boscaglia. Gli artisti, infatti, dipingevano gran parte del loro lavoro in queste aree selvagge. Questo senso del nome identificava anche gli artisti con fuorilegge, riflettendo la visione dei tradizionalisti secondo cui la nuova scuola di artisti lavorava al di fuori delle regole dell’arte, secondo le severe leggi che definivano l’espressione artistica dell’epoca.

Sebbene i Macchiaioli siano stati spesso paragonati agli impressionisti, non sono andati così lontano come i loro giovani contemporanei francesi nella ricerca di effetti ottici. Erich Steingräber dice che i Macchiaioli “rifiutarono di dividere la loro tavolozza nelle componenti dello spettro dei colori, e non dipinsero le ombre blu: per questo le loro immagini mancano della luce penetrante che eclissa i colori e i contorni e dà origine al” il vibrismo è peculiare della pittura impressionista, l’identità indipendente delle singole figure è intatta “.

Il verdetto secondo cui i Macchiaioli erano” impressionisti falliti “è stato contrastato da una visione alternativa che colloca i Macchiaioli in una categoria a parte, decenni davanti agli impressionisti parigini. Questa interpretazione vede i Macchiaioli come i primi modernisti, con le loro ampie teorie della pittura che catturano l’essenza dei movimenti successivi che non vedrebbero la luce del giorno per un altro decennio o più. In questa prospettiva i Macchiaioli emergono come molto radicati nel loro tessuto sociale e contesto, letteralmente combattendo al fianco di Giuseppe Garibaldi in nome del Risorgimento e dei suoi ideali. Come tali, le loro opere forniscono commenti su vari temi socio-politici, tra cui l’emancipazione ebraica, le prigioni e gli ospedali, e le condizioni delle donne, inclusa la condizione delle vedove di guerra e la vita dietro le quinte.

I Macchiaioli non seguirono la pratica di Monet di finire grandi dipinti interamente en plein air, ma piuttosto usarono piccoli schizzi dipinti all’aperto come base per i lavori finiti in studio. Molti degli artisti dei Macchiaioli morirono in miseria, raggiungendo la fama solo verso la fine del 19 ° secolo. Oggi il lavoro dei Macchiaioli è molto più conosciuto in Italia che altrove; gran parte del lavoro è tenuto, fuori dal registro pubblico, in collezioni private lì.

I Macchiaioli sono stati oggetto di una mostra al Chiostro del Bramante di Roma, a Villa Bardini a Firenze, ei l Musée de l’Orangerie di Parigi ha allestito una mostra dei Macchiaioli.

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Articolo Macchiaioli

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