
Cristo denudato, Fernando Botero
Il genio di Fernando Botero si incontra con la sacralità della Via Crucis. Nella mostra su Fernando Botero a Palermo, Palazzo dei Normanni verrà celebrato infatti il cammino di dolore del Cristo rappresentato da una serie di opere del maestro colombiano delle figure grasse. Sono 27 dipinti ad olio e 34 disegni che hanno già fatto il giro del mondo passando per Panama, New York, Medellin, Lisbona.
La Via Crucis o La Via della Croce è un rituale che riflette la strada dolorosa di Gesù Cristo verso la propria crocifissione sul Golgota. Durante la Settimana Santa i Cristiani pregano davanti a 14 immagini, chiamate le Stazioni della Passione di Cristo. Il lavoro artistico di Fernando Botero raccolto nella mostra “Via Crucis la pasiòn de Cristo” rappresenta un radicale cambiamento nel suo percorso, senza però abbandonare il peculiare linguaggio che lo ha contraddistinto.
Ecco allora le figure “grasse” che riportano in vita la via Crucis di Cristo; lo stesso artista ammette di aver voluto riprendere la tradizione delle rappresentazioni sacre e non solo: nel bacio di Giuda si può ammirare un suo autoritratto tra le figure (era tipico per gli artisti raffigurarsi a fianco di Cristo).

Bacio di Giuda, Fernando Botero
“Non sono religioso, ma questo tema ha una bellissima tradizione artistica. A quei tempi, i pittori mescolavano la realtà quotidiana con la Storia (…) Mi sono preso la stessa libertà di mescolare certe realtà latinoamericane col tema biblico”. Così Botero, a proposito dell’esposizione. L’artista colombiano ha poi concluso: “Ho fatto queste opere perché è un momento fondamentale della vita di Gesù e perché è un argomento che è andato scomparendo poco a poco nella storia della pittura: non ci sono elementi satirici in questo lavoro che è pervaso di grande rispetto”.
Conrado Uribe, il curatore della mostra, sottolinea come, per la prima volta nello stile dell’artista, sia stata inserita un’intensa drammaticità.
Viaggio all’interno della sede della mostra Botero a Palermo: Palazzo dei Normanni

Palazzo dei Normanni a Palermo, esterno
Palazzo Reale a Palermo (anche noto come Palazzo dei Normanni) si trova nella parte più vecchia della città e sorge sopra vecchi insediamenti punici. Durante la dominazione araba, la prima sezione del palazzo fu eretta tra i due fiumi Kemonia e Papireto e venne denominata Qasr, che in arabo vuol dire castello o fortezza.
Con l’arrivo dei Normanni a Palermo, nel 1072, il palazzo fu ampliato. Nel 1130, dopo l’incoronazione di Ruggero II di Hauteville, la fortezza venne trasformata in un palazzo reale, nuovo centro di potere. All’interno del palazzo si svolgevano attività tessili e artigianali per le più raffinate produzioni di bellezza unica. Sotto la reggenza di Ruggero II, Guglielmo I e Guglielmo II Palermo conobbe un periodo di prosperità, dove diverse culture riuscirono a convivere pacificamente.
Federico II di Swabia, figlio di Enrico IV Hohenstaufen e di Costanza di Hauteville, continuò la politica del nonno Ruggero II, nonostante la sua giovane età al momento della reggenza, organizzando attività culturali come la Scuola dei Poeti Siciliani.
Dopo un periodo di abbandono durante il periodo delle dominiazioni degli Angioini e degli Aragonese, il Palazzo Reale riguadagnò prestigio sotto i vicerè spagnoli, nella seconda metà del sedicesimo secolo. Vennero infatti costruite nuove sezioni militari e destinate all’ospitalità.
I Borboni di Sicilia restaurarono il Palazzo Reale e commissionarono nuove decorazioni per la Sala d’Ercole: uno spazio che oggi viene usato per incontri e assemblee della Regione Sicilia.
Cappella Palatina

Interno Cappella Palatina, Palazzo dei Normanni
Dopo l’incoronazione nel 1130, Ruggero II ordinò la costruzione della Cappella di Palazzo. Lo stile è un incontro di differenti culture e religioni, con l’impiego di architetti e operai bizantini, islamici e latini.
La chiesa, dedicata a San Pietro Apostolo, racchiude in sé lo stile Latino e Bizantino, creando però un’architettura armonica abbellita da mosaici unici. La cupola è dominata dall’immagine di Cristo Pantocrate, ripetuta sulla navata centrale. I mosaici più antichi rappresentano importanti episodi della Bibbia e si trovano nella navata destra. Si possono ammirare anche episodi della vita di San Pietro e di San Paolo, insieme a episodi del Vecchio Testamento.
Di particolare valore è il candelabro in marmo presso il pulpito. Il soffitto è stato decorato da artisti Mori, con un ciclo di rappresentazioni e intagli legato alla vita e alla tradizione di Maometto.
Ai lati si possono ammirare anche delle iscrizioni in Latino, Greco e Arabo che ricordano l’orologio idraulico commissionato da Ruggero II. A fronte dell’entrata si possono ammirare mosaici commissionati da Ferdinando II di Borbone all’inizio del 19esimo secolo.
La doppia porta di ingresso, in noce con molti intagli e decorazioni, fu scolpita dall’artista siciliano Rosario Bagnasco nel 19esimo secolo.
Sala di Ruggiero
Le bellissime decorazioni in mosaico di questa stannza vennero commissionate dal figlio di Ruggero II, Guglielmo I. I mosaici rappresentano mescolano elementi animali, vegetali e umani (scene di caccia e allegorie sul potere dei Normanni). Il tavolo, collocato al centro della stanza, è un esempio unico dell’arredamento neoclassico, ricavata da una sezione di tronco di sequoia.
Sala dei Venti
Questa è una delle più pittoresche sale del Palazzo Reale. Si trova nella torre medievale del nucleo Arabo-Normanno, chiamata Joharia. Oggi si può ammirare il soffitto in legno del 18esio secolo, al centro del quale è messa in risalto la rosa dei venti.
Sale Duca di Montalto
In prossimità delle scale principali, si può ammirare questa sale, pitturata nella prima metà del 17esimo secolo dagli artisti più talentuosi all’epoca, tra cui Pietro Novelli.
Durante gli scavi del 1984 tracce di antiche mura fenicie e romane di Palermo vennero alla luce, datate all’incirca nel 5° secolo avanti Cristo.
Sala d’Ercole
Dal 1947 la Sala d’Ercole è diventata il ritrovo per l’assemblee della Regione Sicilia. Prende il nome da numerosi dipinti dedicati all’eroe della mitologia greca, e venne completata agli inizi del Novecento dal pittore Joseph Velasco (chiamato Velasquez).