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  • Mostra a Cagliari. Così la Sardegna vinse la Grande Guerra
Redazione
mercoledì, 24 Giugno 2015 / Pubblicato il Mostre

Mostra a Cagliari. Così la Sardegna vinse la Grande Guerra

Nell’anniversario della Grande Guerra, quella prima guerra mondiale che doveva concludersi in poche settimane e che invece diventò un massacro, l’archivio di Stato di Cagliari ha avuto la brillante idea di aprire i suoi documenti al pubblico. “La Grande Guerra: vicende, uomini, società“, è la mostra che ha aperto proprio nel capoluogo sardo, e che durerà per tutto il 2015, la quale permette non solo di leggere alcuni documenti storici di grande interesse, ma che rievoca il ruolo della Sardegna nel conflitto, grazie ad alcuni disegni e cartoline di pregio.

Il quaderno dove venivano segnati gli arruolamenti e le licenze dei soldati sardi. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

Il Registro dei ruoli matricolari dove venivano segnati gli arruolamenti e le licenze dei soldati sardi. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

Registro dei ruoli matricolari

Mostra a Cagliari. Così la Sardegna vinse la Grande Guerra

La struttura della mostra – La Mostra, attraverso i documenti, per lo più inediti, tratti dai fondi archivistici conservati, insieme ai cimeli, alle armi, alle medaglie, alle stampe, alle riviste d’epoca della Raccolta del Museo del Risorgimento di Cagliari e degli archivi privati e familiari posseduti dall’Archivio, racconta la Grande Guerra vissuta dalla Sardegna.

La prima parte del percorso espositivo si sofferma sulle vicende belliche che seguirono al proclama di chiamata alle armi del re Vittorio Emanuele III del 24 maggio 1915 e, quindi, all’arruolamento dei giovani inviati nei territori montuosi del Carso, ad Asiago e sulle Alpi. Di grande impatto la vicenda dell’alpino cagliaritano Efisio Atzori che nelle lettere giornaliere inviate alla famiglia, pur intrise di spirito patriottico, ricorda la spensieratezza dei tempi andati.

La Mostra prosegue con il cosiddetto fronte interno ossia con le azioni governative messe in atto per garantire l’ordine pubblico e la sicurezza della popolazione civile: oscuramento, censura e divieto delle riunioni pubbliche, persino delle processioni religiose. Furono prese misure repressive per impedire il fenomeno non trascurabile della diserzione e dello spionaggio. Non mancano i riferimenti alle questioni legate alle forniture alimentari, e non solo, per gli approvvigionamenti dei militari e dei civili.

Nacquero spontaneamente, sebbene sollecitati e sostenuti dalle autorità, Comitati di assistenza e di beneficenza per i militari e le famiglie che si prodigarono per alleviare le molteplici sofferenze anche di natura economica.

Luogo di confino – La Sardegna durante la Grande Guerra fu anche luogo di confino e di “deposito” per i sudditi stranieri e i militari fatti prigionieri sul fronte che furono adibiti ai lavori agricoli, alla sistemazione della rete stradale e ai lavori in miniera. Il caso più doloroso è quello dei soldati austriaci e magiari fatti prigionieri dall’esercito serbo che, nella sua disperata ritirata dell’estate 1915, li trascinò sulle navi italiane, ancorate sulle coste orientali dell’Adriatico. I prigionieri furono sbarcati all’Asinara, dopo lunghi giorni di navigazione in cui soffrirono per la fame patita nella ritirata e per l’improvviso esplodere del colera che causò la morte di centinaia di uomini nei primi mesi del 1916.

La vittoria finale del 24 ottobre 1918 con lo sfondamento del fronte austriaco a Vittorio Veneto e la liberazione di Trento e Trieste, non può far dimenticare il notevole sacrificio imposto alla Sardegna in termini di vite umane. Su circa 100.000 arruolati nel triennio 1915-1918, poco più dell’11% della popolazione, il 17% morì o risultò disperso.

La mostra a Cagliari: i documenti e i disegni più emozionanti

Le misure contro le incursioni aeree – Il Prefetto di Cagliari emanò una serie di ordinanze per proteggere la città in caso di incursioni aeree. Fu prescritto di illuminare l’interno delle abitazioni, degli uffici e delle fabbriche con “sorgenti luminose di potenza limitata, non superiore cioè agli ordinari lumi ad olio e petrolio”. Era inoltre necessario, in caso di allarme, chiudere ermeticamente le finestre con imposte, persiane, stuoie e tele opache. L’allarme veniva dato con delle trombe da agenti incaricati, cioè staffette cicliste, pompieri, guardie municipali e giovani esploratori. Al segnale le luci, sia pubbliche che private, venivano immediatamente spente. Particolare attenzione fu riservata all’oscuramento del litorale di Cagliari e dei comuni costieri.

Per quanto riguardava invece la circolazione, i pedoni erano obbligati a munirsi di lanterne ad olio cieche; i trams elettrici, i fari delle automobili e i riflettori dei motocicli e delle biciclette dovevano essere oscurati. Nelle stazioni ferroviarie venivano spenti locomotive e segnali luminosi.

Il documento con cui il Prefetto di Cagliari dava disposizioni per proteggere la popolazione dalle incursioni aeree. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

Il documento con cui il Prefetto di Cagliari dava disposizioni per proteggere la popolazione dalle incursioni aeree. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

L’ultima lettera di un soldato – Efisio Atzori, nasce a Cagliari il 2 febbraio 1896, in una famiglia agiata molto numerosa. Era legatissimo ai suoi e molto spensierato, si divertiva con i fratelli e con gli amici, andava a teatro e a fare “carraxiu”. Il 23 novembre 1915 partì da Cagliari per raggiungere Modena dove frequentò la Scuola militare, con brillanti risultati. Il suo sogno era fare il granatiere, diventare ufficiale nel famoso reggimento dei Granatieri di Sardegna, ma non era alto abbastanza e, per un solo centimetro, si accontentò di fare l’alpino.

Terminato l’addestramento militare, prima di ottenere la destinazione, fece un breve rientro a casa a fine febbraio del ‘16, in tutto una ventina di giorni per riabbracciare i suoi cari e prepararsi alla guerra. Fu assegnato al 4° reggimento alpini, battaglione Aosta e a fine marzo, raggiunse il fronte sullo Stelvio. Ogni giorno scriveva ai familiari, lettere molto affettuose in cui descriveva tutto ciò che capitava.

Era una specie di diario, una cronaca minuziosa dei combattimenti, dello stato d’animo, delle paure, del coraggio e dell’amor di patria che accomunava tutti i soldati al fronte. Ai primi di maggio, il battaglione Aosta si sposta sull’Adamello, va in prima linea a stretto contatto con i nemici, al freddo e al gelo. Il giovane Efisio, aspirante ufficiale, si propone sempre in azioni ardite, non si tira mai indietro e nel giugno ricevette l’encomio solenne a riconoscimento del suo valore: “Sotto l’infuriare della tormenta e del fuoco nemico condusse il proprio plotone con ordine e disciplina sotto le posizioni nemiche.

Giunto a distanza d’assalto primo fra tutti al grido di “Savoia”, piombò sulle posizioni avversarie”. Il 3 agosto 1916 gli viene comunicata la nomina a sottotenente. Appena un mese dopo sul monte Corno nel massiccio del Pasubio, dove pochi giorni prima era stato catturato Cesare Battisti, Efisio muore in combattimento. Nelle sue tasche sarà ritrovata l’ultima lettera che aveva scritto per la famiglia.

L'ultima lettera del soldato Atzori, ritrovata nella tasca della sua divisa. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

L’ultima lettera del soldato Atzori, ritrovata nella tasca della sua divisa. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

Morire piuttosto che arrendersi – Eligio Porcu nacque a Quartu Sant’Elena il 19 dicembre 1894, dopo aver frequentato il terzo anno dell’Istituto tecnico Pietro Martini di Cagliari, si arruolò nel novembre 1814 nel 46° Fanteria della Brigata Reggio. Subito dopo entrò nell’84° Reggimento fanteria come allievo ufficiale e ben presto fu promosso sergente. La sua fu una carriera molto veloce, nel luglio 1915 già sottotenente di complemento viene assegnato al 45° della Reggio e mandato nel Cadore.

Combattè a Passo Falzarego, sul massiccio delle Tofane, al Dente di Monte Sief e al Col di Lana, ricevendo la Croce belga al valor militare. A luglio del 1916 fu promosso tenente per il valore dimostrato nelle azioni belliche. Partecipò alla presa di Gorizia e a novembre fu premiato con un breve congedo in cui tornò alla sua Quartu.

Rientrato nella zona di guerra, raggiunse il Piave con le truppe della IVa Armata comandata dal generale Armando Diaz. Da allora in poi le imprese furono sempre più pericolose e incessanti: dopo Caporetto duri scontri si ebbero sul Piave e sul Monte Grappa; Eligio si distinguerà sempre più ricevendo la medaglia d’argento. Nel 1918, Eligio venne mandato sul Montello che il 15 giugno subì i violenti attacchi degli austriaci. Il giorno dopo il giovane Eligio lanciò la controffensiva, si spinge fino alla linea nemica ma venne ferito ad una gamba.

Nonostante la gravità, continuò ad incitare i suoi uomini, fino a quando i nemici non non ebbero la meglio. Pur di non essere catturato, al grido di Viva l’Italia, si puntò una pistola alla tempia e si sparò. Questo sacrificio gli valse il conferimento della medaglia d’oro al valor militare.

Eligio Porcu, dopo una rapida carriera, combattè fino all'ultimo. Pur di non arrendersi urlò: "Viva l'Italia", prima di spararsi. Credits: Archivio storico di Cagliari

Efisio Atzori. Per un solo centimetro non entrò nei granatieri. Dopo una rapida carriera militare, dimostrò un valore fuori dal comune. Morì sul monte Corno, nel massiccio del Pasubio. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

La tragedia del Tripoli – Alle 22,20 della notte del 17 marzo 1918 il piroscafo Tripoli viene silurato da un sottomarino tedesco a 20 miglia da Capo Figari: dei circa 480 passeggeri, prevalentemente militari per lo più al rientro da una licenza in famiglia, oltre 280 saranno dichiarati dispersi. La notizia della vicenda, per quanto dalle autorità censurata sulla stampa per “ragioni di ordine pubblico”, si diffonde nell’ Isola in poche ore anche se le informazioni sono da subito e resteranno per molti anni frammentarie e confuse.

Per molti mesi le richieste dei rappresentanti politici locali e dei familiari per chiarire le reali circostanze della tragedia resteranno senza risposta e la commissione d’inchiesta si chiuderà senza individuare le effettive responsabilità. Solo nell’aprile del 1924, grazie all’impegno di un comitato di cittadini sardi, le vittime saranno commemorate con una lapide alla presenza dello stesso re Vittorio Emanuele III: riconoscimento, tanto atteso da familiari e amici, del sacrificio di molte vite, un modo per cancellare i troppi silenzi ufficiali. Solo nell’autunno del 2014, grazie ad un’operazione congiunta dei Ministeri della Difesa e dei Beni Culturali, viene localizzato e fotografato il relitto che giace ancora ad una profondità di oltre mille metri al largo delle coste di Golfo Aranci.

Foglio di viaggio delle Ferrovie dello Stato contenente un parziale elenco dei passeggeri civili e militari del Tripoli. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

Gli oblatori, cittadini che donarono oggetti preziosi per finanziare le spese più urgenti, del piccolo comune di Lanusei. Credits: Archivio di Stato di Cagliari

 

A Cagliari, e in Sardegna in generale, ci fu un forte coinvolgimento della popolazione sia spontaneo, per stare vicino ai congiunti al fronte, che organizzato e promosso dalle autorità per incrementare lo spirito patriottico, alimentare “la fede nella missione da compiere e l’entusiasmo per la Patria”.

Si moltiplicarono così i comitati di organizzazione civile che giunsero a ricoprire un ampio spettro di interventi: assistenza alla popolazione, raccolta di fondi per la guerra, lavorazione di vestiario per i militari, ufficio notizie e soccorso ai feriti. In essi parte attiva ebbero le donne, mostrando grande creatività e capacità organizzativa.

Nel marzo del 1915 si era formato, a Cagliari, un “ Comitato di preparazione civile in caso di Guerra” per sensibilizzare la coscienza popolare sui doveri di cittadino e d’italiano. Organizzato dal professor Liborio Azzolina che ne divenne Presidente fu composto dai rappresentanti di partiti e associazioni locali. Con l’entrata dell’Italia in guerra il Comitato si rinnovò in “ Comitato generale di assistenza civile” con la presidenza del sindaco Ottone Baccaredda e con l’ausilio dello stesso Azzolina che continuò a essere la mente organizzativa dell’associazione, attiva dal 1915 al 1919.

Per raccogliere fondi destinati alle famiglie dei richiamati, il Comitato, con l’aiuto delle società cattoliche, distribuì schede di sottoscrizione e organizzò fiere, lotterie, spettacoli teatrali, garden party, tombole, conferenze e altre manifestazioni.

Si ringrazia la Dott.ssa Carla Marongiu per il fondamentale contributo durante la stesura dell’articolo.

Archivio di Stato di Cagliari
Città:Cagliari
Indirizzo: via Gallura, 2
Provincia: CA
Regione: Sardegna
Data Inizio: 10 maggio 2015
Data Fine: 31 dicembre 2015
Prenotazione:Obbligatoria; Telefono prenotazioni: 070669450
Orario: lunedi’- sabato: 9,30-13,00; martedi’, giovedi’: 9,30-13,00; 16,00-18,00.
Telefono: 070/669450
Fax: 070/653401
E-mail: [email protected]
Sito web: http://www.archiviostatocagliari.it

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