Paolo Caliari, detto il Veronese dalla sua città di provenienza, è stato uno dei più importanti pittori veneziani del XVI secolo, che, partendo dalle influenze del manierismo, sviluppò in seguito un proprio stile, affermandosi soprattutto come eccezionale colorista per l’uso intenso e netto del colore, in un’epoca in cui venivano predilette le sfumature tono su tono. L’artista dipinse prevalentemente su tela soggetti biblici, allegorici e storici. Di solito le sue opere sono enormi tele popolate di soggetti allegorici, biblici o storici, splendidamente colorati e inseriti in un quadro di classicizzazione dell’architettura rinascimentale . Maestro dell’uso del colore, eccelleva anche in composizioni illusorie che estendevano l’occhio oltre i confini attuali della stanza
I primi anni
Paolo Veronese nacque nel 1528 a Verona; era il quinto figlio di Gabriele, un modesto scalpellino, e di Caterina. Il suo cognome originale, Caliari, viene da parte materna, poiché la madre era figlia illegittima del nobile Antonio Caliari; in seguito il giovane pittore prenderà il soprannome di “Veronese”. Da ragazzino andò a bottega da Antonio Badile, di cui più avanti avrebbe sposato la figlia Elena, e da Giovanni Francesco Caroto. Lo stile della sua prima opera conosciuta, la Pala di Bevilacqua-Lazise, riflette l’influenza di Badile. In questo periodo si avvicinò molto al manierismo, che ebbe modo di conoscere grazie al rapporto con l’architetto Michele Sanmicheli, almeno stando a ciò che racconta il Vasari nelle Vite.

Pala Bevilacqua Lazise
Il suo capolavoro giovanile è la Lamentazione sul Cristo morto, di cui la critica mette in risalto la dipendenza dallo stile del Parmigianino. Veronese fu anche influenzato da un gruppo di pittori che includeva Domenico Brusasorci, Giambattista Zelotti e Paolo Farinati ; attratti dall’arte manierista, hanno studiato le opere di Giulio Romano, Raffaello, Parmigianino e Michelangelo. Frammenti di decorazione ad affresco eseguiti da Veronese nel 1551 per la Villa Soranza di Treville, con le loro eleganti figure decorative, suggeriscono che stava già creando un nuovo linguaggio. L’influenza di Michelangelo è evidente in una splendida tela, Tentazione di Sant’Antonio , dipinta nel 1552 per la cattedrale di Mantova .
Trasferimento a Venezia e i suoi successi
I suoi primi lavori sono ricordati a Verona e a Castelfranco Veneto, ma fu a Venezia, dove si trasferì nel 1553, che Paolo Veronese si fece notare come grande artista. La prima opera fu la Sacra famiglia e santi, una pala d’altare che decorava la cappella Giustiniani della chiesa di San Francesco della Vigna. In seguito, sotto la direzione di Gianbattista Ponchino, venne chiamato a decorare tre nuove sale del Palazzo Ducale di Venezia. La prima di queste commissioni, il soffitto partizionato del Sala del Consiglio dei Dieci , rivela le caratteristiche dello stile maturo di Veronese: abili scorci che fanno apparire le figure fluttuanti nello spazio al di sopra dello spettatore, splendore cromatico e passaggi luminosi che donano anche le ombre con il colore.
Si trova oggi al museo del Louvre il grande telero (ossia un dipinto a olio realizzato su tela e applicato direttamente alla parete, tipico della pittura veneziana) che raffigura Giove che scaccia il Vizio; tale telero doveva decorare originariamente la Sala dell’Udienza. Per la decorazione del palazzo il Veronese lavorò nell’arco di diversi anni, durante i quali si dedicò anche alla chiesa dei Girolamini veneziani di San Sebastiano.
Come per la decorazione delle sale del palazzo ducale, il Veronese si dedicò nuovamente alla pittura di grandi teleri, soprattutto riguardanti il ciclo biblico de le storie di Ester, nei quali si distinse per arditissimi scorci prospettici. Inoltre, il pittore fu chiamato a decorare anche la volta della Biblioteca Marciana, ottenendo la pubblica lode da parte dell’illustre Tiziano, che faceva parte della commissione che avrebbe dovuto giudicare il vincitore di un concorso, per il tondo raffigurante l’Allegoria della musica.
Contemporaneamente fu chiamato dai fratelli Daniele e Marcantonio Barbaro a decorare la villa di famiglia a Maser, presso Treviso, che era stata costruita sotto la guida dell’architetto Antonio Palladio.

Pitture di Villa Maser
L’intero ciclo pittorico viene oggi interpretato come celebrante l’armonia universale propiziata dalla Divina Sapienza ed è impressionante il modo in cui la pittura dialoga con la splendida architettura rinascimentale del Palladio, in quanto la prima è caratterizzata da numerose finte porte, nicchie e loggiati (tra cui si può inserire uno degli affreschi più conosciuti e impressionanti del Veronese, che rappresenta Giustiniana Giustinian, moglie di Marcantonio Barbaro, mentre insieme a una nutrice si affaccia sulla Sala dell’Olimpo) e sfondati che allargano la parete verso bellissimi paesaggi oppure verso il cielo. Oltre alla Sapienza, nel ciclo vengono celebrati anche la fecondità della terra, l’amore coniugale e le muse, che sono un punto di raccordo tra la fede cristiana e gli ideali umanistici.
Una menzione a parte merita la serie delle Cene, grandi quadri che raffigurano le scene di banchetto che vengono ricordate nei Vangeli. Tuttavia, in questo caso il banchetto evangelico appare come soltanto un pretesto: il vero intento dell’artista è raffigurare la vita dell’aristocrazia veneziana. Tale genere di quadri è un inedito, inventato totalmente dal Veronese. I protagonisti degli episodi del Vangelo sono in secondo piano; in primo piano, invece, compaiono ogni sorta di giullari, di musicisti e di servitori, le raffinatissime stoviglie e le sontuose decorazioni marmoree delle sale. Tra i personaggi delle scene, vestiti secondo la moda veneziana, sono riconoscibili molte persone reali e almeno in un’occasione è stato possibile identificare un autoritratto del pittore. Tra le più famose si possono ricordare i quadri Le nozze di Cana (che si trova al Louvre) e Ultima cena (oggi conservato presso le Gallerie dell’Accademia a Venezia), che poi, sotto minaccia dell’Inquisizione, dovette essere rinominato come Convito in casa di Levi.

Ultima cena di Veronese
I capolavori della maturità
Grazie al successo che si era guadagnato con gli affreschi di villa Barbaro a Maser, Paolo Veronese ricevette numerose commissioni negli anni successivi, tra cui la realizzazione di grandi pale d’altare per le chiese della terraferma, numerosi ritratti per l’aristocrazia veneziana e, soprattutto, la nuova decorazione del Palazzo Ducale, che era stato in parte distrutto da un incendio. In tale occasione, l’artista realizzò un grande telero ovale raffigurante il Trionfo di Venezia, dipinto che, secondo l’illustre critico Giulio Carlo Argan, chiude un’epoca nella pittura del Veronese. Ma il pittore si fece anche conoscere come ritrattista. All’epoca infatti andava di moda, tra gli aristocratici veneziani, l’uso di farsi realizzare un ritratto che potesse mettere in evidenza, oltre che alla loro ricchezza, anche la raffinatezza dei loro costumi. Paolo Veronese divenne famoso per i suoi ritratti realizzati a figura intera, tra cui si può ricordare il doppio ritratto dei coniugi Iseppo da Porto e Livia da Porto Thiene, ciascuno con uno dei due figli e vestiti con abiti sontuosi, realizzato per essere diviso da una finestra. Un altro famosissimo quadro di questo ciclo è il Ritratto di nobildonna veneziana, noto anche come La bella Nani, che raffigura una donna ignota (forse la moglie di Marcantonio Barbaro o dello stesso pittore) dall’atteggiamento modesto ma dai raffinatissimi gioielli.
Un cambio di stile
Negli anni Settanta del Cinquecento avvennero numerosi cambiamenti nella società veneziana. L’arrivo della pestilenza, che decimò la popolazione, e la minaccia costante dei turchi inficiarono l’atmosfera gioiosa e festaiola dei decenni precedenti. Nel frattempo, lo spirito della Controriforma ormai permeava la società con i dettami del concilio di Trento in maniera religiosa. Non essendosi più posto per le raffigurazioni sfarzose e gioiose del Veronese, il suo stesso modo di dipingere cambiò radicalmente rispetto al passato fino a diventare quasi un interprete delle idee della Controriforma, al punto che inizialmente non venne apprezzato dalla critica e molti suoi dipinti sono stati erroneamente, a lungo, ritenuti opere di bottega e dunque tranquillamente vennero sparpagliati in molti musei, senza che nessuno si preoccupasse di mantenerne l’unità originaria.
Non per questo, tuttavia, è possibile dire che siano di bassa qualità, anzi, alcuni sono di fattura veramente eccezionale. Tra questi ultimi dipinti, di atmosfera cupa e soggetto prevalentemente religioso, si può senza dubbio annoverare la Crocifissione, un grande quadro dallo schema compositivo essenziale e nel complesso quasi medievale, con la rappresentazione di Cristo crocifisso e ormai morente, che sanguina dalle ferite mentre in alto è attorniato da un coro di angeli, rappresentati solo con testa e ali, e in basso è guardato da un’attonita Vergine e dall’apostolo Giovanni. L’ultimo dipinto di Paolo Veronese rappresenta la Conversione di san Pantaleone, realizzata per la veneziana chiesa di San Pantalon. Poco dopo aver realizzato il quadro, il pittore si spense il 19 aprile 1588 e venne sepolto nella chiesa di San Sebastiano, sempre a Venezia, e lì ancora oggi riposa, circondato dalle opere che lui stesso vi aveva realizzato.