A cura di: Roberto Trizio
La riforma mariana dell’esercito romano è una grande riorganizzazione del sistema delle legioni ideata dal generale Caio Mario nel periodo 107 – 104 a.C.
Questa riforma trasformò l’esercito romano in un gruppo di soldati professionisti, con una serie di importanti vantaggi sotto l’aspetto dell’equipaggiamento e dell’addestramento ma anche della disposizione tattica.
L’esercito romano prima di Caio Mario
Prima della riforma, nell’esercito era in vigore il sistema ideato dal mitico Re Servio Tullio: il cittadino Romano, intento a coltivare la terra e a vivere con la propria famiglia, doveva lasciare la propria casa per arruolarsi nell’esercito e servire la patria.
La motivazione, molto patriottica, era quella di difendere la propria famiglia e la propria terra.
Nel momento in cui si arruolava, il soldato doveva pagare di tasca propria l’equipaggiamento necessario per la sua missione. Solo dopo la riforma di Furio Camillo venne corrisposto un piccolo rimborso, lo “Stipendium”, ma il soldato doveva sostenere personalmente la stragrande maggioranza delle spese.
L’esercito che si formava in questo modo era così basato ed organizzato esclusivamente sul censo.
Questo sistema, che durò per secoli, dimostrò nel corso del tempo due importanti limiti: il primo dal punto di vista tecnico.
L’esercito era obiettivamente eterogeneo e poco amalgamato, dal momento che si avevano alcuni soldati sprovvisti del più elementare equipaggiamento e altri ben più attrezzati.
Inoltre, anche dal punto di vista tattico, lo scontro con diversi nemici, aveva dimostrato tutti i limiti di una formazione manipolare, che in alcuni casi non era perfettamente adeguata alle circostanze.
Non solo: vi erano problemi di carattere economico e sociale. Il tempo previsto per l’arruolamento andava dai 2 ai 6 anni, ma in realtà il servizio di leva si era spesso prolungato ben più del previsto.
Il soldato, al suo ritorno in patria, era economicamente rovinato, con il proprio appezzamento di terreno totalmente incolto e la propria famiglia sul lastrico.
L’esempio più lampante è certamente quello che si verificò dopo la fine della seconda guerra punica, quando Roma si riempì di decine di migliaia di ex soldati, rovinati e nullatenenti, che rappresentarono un’importante peso sociale da risolvere al più presto.
La riforma dell’esercito romano di Caio Mario: l’arrivo dei soldati professionisti
La riforma di Caio Mario consiste innanzitutto nel concetto che lo Stato, attraverso la persona del comandante, il Legatus Legionis, assume dei soldati professionisti.
Il soldato dunque non è più un cittadino “prestato” all’esercito, ma qualcuno che fa della guerra il proprio mestiere di vita, con una ferma di 16 anni.
In cambio di tutto questo, il soldato ha una serie di retribuzioni:
- Il soldus: una vera e propria paga che veniva corrisposta in tre o quattro rate annuali.
- Le spese: una indennità che poteva sostenere i costi di trasporto, le spese mediche o quelle di sepoltura.
- Il bottino: il soldato si poteva arricchire tramite il bottino conquistato durante le campagne militari. Tuttavia, a differenza di quello che si potrebbe pensare, il bottino non veniva arraffato senza regole, ma accatastato al centro della città o del territorio che era stato conquistato e distribuito dai comandanti secondo i gradi e il merito in battaglia
- L’appezzamento di terreno: Alla fine della leva vi era l’assegnazione di un appezzamento di terreno di cui soldato diventava proprietario. Era una misura importante che gli permetteva di vivere una tranquilla pensione e di lasciare qualcosa ai figli.
Da questo momento l’esercito era aperto a tutti, anche ai nullatenenti, che in questo modo ebbero una prospettiva concreta di vita e di arricchimento.
I benefici per l’esercito
La riforma di Caio Mario conferisce all’esercito romano una serie di vantaggi.
L’addestramento
Il primo è certamente quello dell’addestramento: essendo una professione, i soldati si allenavano continuamente, raggiungendo un livello di tecnica e di dettaglio superiore a tutti gli altri guerrieri del loro tempo.
L’addestramento era costante, durava tutto l’anno, e veniva svolto in diverse condizioni ambientali e naturali per una totale flessibilità.
L’equipaggiamento e gli impedimenta
Un secondo grande vantaggio era certamente quello dell’equipaggiamento, che stavolta veniva fornito direttamente a spese dello Stato e diventava uniforme per tutti.
Si partiva dal Pilum, il giavellotto da lanciare contro l’avversario prima di entrare in contatto, e si proseguiva con il Gladius, la nota arma corta romana, perfettamente bilanciata, che conquistò il mondo antico.
Ancora, un pugnale, il Pugio, che serviva per piccoli tagli o per estrema difesa e lo Scutum, per la protezione.
Infine le Caligae, delle calzature adatte ai diversi tipi di terreno e l’armatura comprensiva di lorica per proteggere il corpo ed elmo per la testa

Ogni legionario non riceveva solamente il necessario per combattere ma anche quello per essere completamente autosufficiente. E’ il caso dei cosiddetti impedimenta, una serie di strumenti che portava con sè in uno zaino del peso di circa di 40 kg.
All’interno si trovava il cibo per 3 giorni, una branda per dormire, una paletta per scavare, dei pali di legno per aiutare a costruire l’accampamento e tutto il necessario per una piena autosufficienza del legionario.
L’istituzione della Coorte Legionaria
L’importante, anzi fondamentale beneficio, fu quello relativo alla disposizione tattica della legione romana.
Da questo momento, l’unità più piccola era quella del Contubernium, un gruppo di 8 uomini che condivideva la tenda e viveva a stretto contatto.
10 contubernia, 80 uomini, andavano a formare una centuria e due centurie, ovvero 160 uomini, creavano il manipolo.
In realtà questi numeri erano in vigore anche prima, ma l’idea di Caio Mario fu quella di unire 3 manipoli per un totale di 480 uomini nella cosiddetta “Coorte“.
Questa suddivisione, ad onor del vero, era già stata ideata da Scipione l’Africano durante le sue campagne in Spagna, ma fu Caio Mario a renderla una unità ufficiale dell’esercito.
In questo modo, i soldati erano molto più maneggevoli: né troppo piccoli né troppo grandi, e potevano affrontare ogni tipo di nemico in qualsiasi condizione.
9 coorti formavano una legione, assieme ad una decima coorte doppia, 800 uomini, in quanto poteva servire una unità più imponente da impiegare in momenti critici.
Caio Mario ebbe anche l’idea di istituire dei simboli che potessero identificare ogni singola legione: è a lui che dobbiamo l’Aquila come rappresentativa del potere di Roma.
Mentre le altre legioni, furono mano mano in grado di scegliere l’animale o il simbolo che maggiormente le rappresentava.
Gli Ausiliari
Per quanto ben strutturata, una legione di fanteria romana non poteva sopravvivere da sola, ma aveva bisogno di alcuni alleati chiamati “ausiliari” per essere adeguatamente accompagnata sui campi di battaglia.
Caio Mario pensò agli Ausiliari come a degli aiutanti, degli “accompagnatori” che potevano essere cambiati e scelti a seconda del nemico da affrontare e del terreno su cui muoversi.
In questo modo la legione era una entità militare flessibile che poteva avvalersi dell’aiuto dei soldati di volta in volta più adatti alla fattispecie.
Nelle grandi pianure sarebbero stati accompagnati dalla cavalleria germanica, o da quella numidica nel Nord Africa o dai frombolieri delle Baleari se era prevista una battaglia con grande uso dell’artiglieria.
La riforma dell’esercito di Caio Mario diede a Roma uno strumento formidabile per conquistare il mondo antico: era veramente una “summa” di tutte le esperienze accumulate dall’esercito nei secoli precedenti che divenne strumento di micidiale efficacia.
La degenerazione dell’esercito nelle guerre civili
La grande “controindicazione” della riforma fu il suo utilizzo: i soldati smisero di essere fedeli allo Stato e appoggiarono totalmente il singolo comandante che gli garantiva la paga e il bottino: le legioni divennero così il braccio armato delle guerre civili.
Un utilizzo assolutamente privato dei legionari e dei legami strettamente personali tra i soldati e il loro generale furono la condizione perfetta per l’utilizzo dell’esercito a fini di faide e combattimenti interni alla società romana.
Fu una terribile degenerazione, che conobbe un freno solo all’arrivo di Ottaviano Augusto, che con l’ideazione dell’erario militare, una cassa per le spese della legione gestita e autorizzata dal Senato, riuscì a ricollegare il pagamento dei soldati ad una istituzione statale.