Né chi lo commissionò né perché. Non si sa quasi nulla sulla storia del “Ritratto d’ignoto marinaio” che Antonello da Messina dipinse nella seconda metà del Quattrocento. Misteriosa l’origine così come è misteriosa l’espressione del soggetto ripreso.
“Ritratto di ignoto marinaio”, il sorriso più ambiguo dell’arte

“Ritratto d’ignoto marinaio” di Antonello da Messina
Una tavola di piccole dimensioni (31×24,5 cm) dipinta a olio riesce ad avere una carica espressiva irripetibile. Al centro dell’opera un uomo, ripreso di tre quarti che si staglia contro uno sfondo scuro, nero. Gli abiti che indossa sarebbero quelli di un marinaio dell’epoca. I dettagli della giacca e del berretto si mescolano con lo sfondo, confondendosi. Il volto è il vero centro del quadro.
Le influenze della pittura fiamminga su Antonello da Messina si fanno sentire sui lineamenti dall’incarnato rossiccio. L’uso dei colori è essenziale. Il bianco e il nero risaltano la luce che radente segna il volto.
Quando capita di ammirare “Ritratto d’ignoto marinaio” si è immediatamente colpiti dall’espressione del soggetto. Il suo sorriso è enigmatico. Gli occhi sono puntati verso lo spettatore. L’osservatore entra in un grado di empatia con l’uomo del dipinto, la cui espressione pare assumere un’aria di complicità con chi lo guarda. Più che un sorriso, appena accennato, quello del marinaio è un ghigno, quasi a voler dire “so cosa hai fatto”.
La profondità psicologica dei ritratti di Antonello da Messina è una delle sue doti principali. E così che, anche in quest’opera, il soggetto non è ripreso in maniera asettica con l’unico obiettivo quello di poter semplicemente “registrare” che un dato personaggio sia esistito storicamente in un determinato periodo. Il marinaio, nel pennello di Antonello da Messina, si anima, prende vita. Molto di più. Il soggetto crea una connessione con chi lo guarda.
Le origini del dipinto
“Ritratto d’ignoto marinaio” fu realizzato tra il 1465 e il 1476 ed è conservato nel Museo Mandralisca di Cefalù. Restaurata più volte, perché danneggiata, l’opera ha subìto tre interventi: nel XIX secolo a Firenze, negli anni Cinquanta a Roma grazie all’Istituto Centrale del Restauro e, l’ultima in ordine di tempo, nel 1981.

La Crocifissione di Sibiu dipinta da Antonello da Messina
La vita di Antonello da Messina
Con il vero nome di Antonio di Giovanni de Antonio, Antonello di Messina nacque nell’omonima città siciliana intorno al 1430 e morì, sempre a Messina, nel 1479. Dopo l’apprendistato svolto fra Messina e Palermo, Antonello si trasferì in diverse città italiane. Grazie al suo talento e alla sensibilità di carpire i fermenti artistici diversi di città in città, riuscì a fare propri, reinterpretandoli alla sua maniera, gli stimoli che riceveva.
E così che, poco più che ventenne, si spostò prima a Napoli dove venne in contatto con la pittura fiamminga, spagnola e provenzale, presente sia nelle collezioni reali. A questo periodo risale la “Crocifissione di Sibiu”, conservata al Muzeul de Artă di Bucarest.
Il soggiorno a Venezia
Agli inizi degli anni ’70 del Quattrocento si recò a Venezia, dove apportò un’enorme influenza per la pittura locale e fu precursore della cosiddetta pittura tonale. Sempre in questo periodo venne quasi sicuramente in contatto con Piero della Francesca che esercitò sullo stile di Antonello un’importante influenza. In questi anni dipinse il “Salvator Mundi”, “Il San Gerolamo nello studio” e “La Crocifissione”. Negli ultimi anni di vita fece ritorno in Sicilia, dove morì.